Qualcuno volò sul nido del Cube
Presentazione di The Cube, il temporary restaurant recentemente “appoggiato” su uno dei palazzi a fianco della Galleria Vittorio Emanuele qui a Milano. Un’architettura moderna accostata a quella ottocentesca del complesso della Galleria. Un’idea piuttosto ardita (o meglio, che tante polemiche ha suscitato per la sua supposta “arditezza”)…
Si tratta di un manufatto provvisorio, sponsorizzato dalla Electrolux, una delle principali aziende produttrici di elettrodomestici a livello mondiale; resterà appunto “appoggiato” su questo palazzo per qualche mese (anzi, fino al 26 aprile), ed è un ristorante, con la sua cucina (con gli elettrodomestici dello sponsor), a vista, e un lungo tavolo da 20 (22 stringendosi un po’) posti; in cucina si alterneranno alcuni giovani cuochi stellati (a cura della JRE, associazione dei Giovani Ristoratori d’Europa), a partire dai fratelli Costardi, a pranzo e a cena (200 e 270 € rispettivamente); la costruzione è “atterrata” sulla nostra Galleria proveniente da Bruxelles, dove è rimasta appollaiata per qualche mese sul Parc du Cinquantenaire a partire dal primo marzo scorso, e da Milano andrà poi a Londra, Stoccolma e mi sembra Mosca.
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L’impatto iniziale della vista da terra è curioso – una cosa che ovviamente non c’entra, appoggiata e protrusa sopra un palazzo dell’800, in un contesto che è il simbolo della città: ma è talmente estranea, e visibilmente appoggiata, che non mi causato nessun trauma particolare, anzi, è piacevole vedere qualcosa di nuovo e diverso. Magari se sapessi che è definitiva, sarei più turbato, o contrario; ma non lo è, quindi… E poi, una città è viva, non è un museo immobile; le cose fatte bene possono convivere, anche se sono moderne, con il vecchio, o l’antico… Palazzo Reale, lì davanti, non è che stia benissimo, scorciato com’è dal Palazzo dell’Arengario (e peraltro molti, io compreso, ricordano ancora con nostalgia le pubblicità luminose che ricoprivano il palazzo di fronte al Duomo, che peraltro era sorto al posto del Coperto dei Figini, un palazzo porticato quattrocentesco…). Insomma, bene atterrato al Cube (purché se ne vada…).
Il panorama dei tetti non è oggettivamente un gran che, almeno in questa sezione della città; ma la torre del Filarete, la Torre Velasca, che si scorgono poco lontano, e più in lontananza i nuovi grattacieli… sono proprio Milano, e poi, basta voltare lo sguardo ed ecco i marmi le guglie i santi del Duomo… Insomma, bella idea, bella posizione – è anche una giornata di sole, fredda ma si sta bene, quasi al caldo…
La costruzione è comunque molto bella, un’ampia terrazza, il corpo del locale costituito da un’unica sala con un lungo tavolo bianco – come bianco è il colore del tutto (l’idea, diceva Christian Costardi, è quella di colorarlo con i colori dei piatti, degli ingredienti). Due pareti vetrate, a raccogliere tutta la luce possibile; la terza, anch’essa in vetro, a esagoni, motivo ricorrente nella decorazione e costitutivo del cubo che è il logo Cube. Il progetto architettonico e degli interni è dello studio Park Associati, ovvero Filippo Pagliani e Michele Rossi, logo e texture design sono dello Studio FM Milano.
Christian e Manuel Costardi ai fornelli: hanno preparato una serie di piattini di assaggio, il menu di mezzogiorno e sera mi sembra di capire non sia sempre uguale (prezzi: 200€ a mezzogiorno, 270 la sera). Il bello è che te li preparano sotto gli occhi – anche se immagino che a pranzo e cena si stia più seduti –, non c’è separazione fra cucina e sala. E cucinando ti spiegano cos’è che stanno facendo, e perché, e i loro ingredienti, e loro stessi attraverso il loro piatto. Mi piace questo desiderio di comunicazione, di farti capire cose che sono già lì tutte dentro al piatto, ma che magari non ti fermi a considerare.
I piatti:
“Semplicemente gambero”, gamberi crudi in una riduzione direi di un brodo fatto con le teste, e pistacchi sbriciolati.
Baccalà mantecato su un morbido di patate e un pizzico di noce moscata (ne avrei messo un pizzico meno pizzico e più pizzicotto….).
Riso con sugo di pomodorini pugliesi (cucinato a crudo, senza soffritto… quindi più pomodoroso: ottimo) e un pesto leggero di basilico pinoli e poco aglio;.
Spuma di grana padano con crema di birra e polvere di caffè.
Capasanta passata brevemente in forno con olio sale pepe su una crema di latte con briciole di liquirizia e limone e sopra qualche grano di sale Maldon… ehm… mi sa che mi sono mangiato anche la foto…
Piaciuti tutti, molto: i fratelli Costardi mi sono piaciuti, come i loro piatti: semplici, chiari, genuini, ricchi di sapori distinti ed equilibrati; se il giovane aiutante non avesse continuato a cucinare il risotto, mi sarei offerto di pulirne la pentola…
E ci sarebbe ancora da parlare – del pane, ad esempio, della focaccia, dei cioccolatini, ma anche, perché no, del caffè, e della caffettiera… Lo faremo l’anno prossimo.
Semplicità, qualità, ambientazione, presentazione, colore: un’esperienza esaltante.
Emanuele Bonati
Le foto di The Cube Milano sono di Bruno Cordioli
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