Old Man Blogger: io, Pasquale Palamaro e le epoche dei ricordi
Ogni epoca ha i suoi ricordi. Giusto. Io ricordo bambino la nonna, in campagna, che faceva il burro “a mano”, mi sembra in un fiasco di vetro… col latte delle nostre mucche – ah, sì – quello che bevevo direttamente dal secchio della mungitura, pratica che mi sembra di capire oggi possa provocare la peste bubbonica; certo più salutare era bersi l’ovetto appena uscito dal popò della gallina, caldo caldo, un buchetto sopra e uno sotto; lo stesso che mio papà ci riproponeva tornati a Milano, la sera, “all’ostrica”, aperto su un cucchiaio con due gocce di limone, sale e pepe…
Ma io ho una certa età: oggi i ricordi sono più moderni.
Per dire: l’altra sera alla Feltrinelli Buenos Aires a Milano, in una serata di presentazione delle iniziative di Carlo Vischi “Per tutti i gusti” dedicate alla Campania, è arrivato (presentato da Francesca SingerFood, simpatica e preparata blogger) un giovane e bravo chef campano, anzi ischitano: Pasquale Palamaro, chef del ristorante Indaco dell’Albergo della Regina Isabella. Che è giovane si vede; che è bravo, si capisce da come parla del suo lavoro e della sua cucina. Che poi ho anche assaggiato (La tazzulella è purp rivisitata: Gnocchetto fritto di polpo servito nel suo brodo leggero) in una cena appunto campana al ristorante Il Canneto (Sheraton Milano Malpensa) – buona, attenta, originale.
Allora: anche Palamaro ha i suoi ricordi d’infanzia, che tende a riproporre nella sua cucina. E sul ricordo delle gita al mare con la famiglia, accanto a una spiaggia di sabbia termale, quindi calda, dell’isola, dove sua madre seppelliva le vivande per il pranzo, che così cuocevano e si mantenevano calde, ecco il racconto del metodo di cottura da lui adottato per certe pietanze, diciamo una pentola di sabbia che riproduce la spiaggia…
E allora? Allora, lo chef è giovane, e anche i suoi ricordi sono giovani. E “giovane” è anche la procedura di cottura adottata dalla madre: il pollo, ad esempio, veniva preparato e avvolto, per la cottura un sabbia, in un foglio di carta d’alluminio…
D’accordo, esagero un po’ – diciamo che mi adagio un po’ nella mia appartenenza al secolo passato. Che poi, la brava mamma di Pasquale cuoceva anche il pesce nella sabbia – avvolto nelle foglie di fico… E di fronte a questo procedimento preistorico, non posso che inchinarmi…
PS Indaco? è un nome – e un colore – bellissimo: devo andare a Ischia, magari all’Indaco del Regina Isabella, a controllare se è proprio lo stesso indaco che c’era ai miei tempi…
Emanuele Bonati
Foto di Bruno Cordioli
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