Food in Italy: la qualità italiana alla conquista del mondo
Di fronte a un nuovo sito di vendita online, specie di prodotti alimentari, la prima domanda è: perché? Ce ne è ancora bisogno? Non ce ne sono abbastanza?
Una prima risposta può essere quella più banale – perché no? Un’altra risposta, più sensata, è quella che ci ha dato Danilo Doronzo, il deus-ex-machina di Food in Italy: «Perché c’è ancora spazio, e molto. Quando siamo partiti ci siamo resi conto che i siti in grado di offrire food italiano al 100% si contavano sulle dita di una mano – e siamo solo al 10% del mercato potenziale, almeno per quanto riguarda l’online». Ed è così che nasce, un annetto fa, Food in Italy: un sito dedicato al cibo italiano di qualità, rivolto al mercato italiano ma anche e soprattutto estero. «Il nostro è un progetto nato per essere al 90% internazionale: abbiamo già registrato il nostro marchio su tutti i principali domini Internet nazionali, ai quali abbiamo aggiunto di recente “.com”, che è strategico per il resto del mondo.»
Rivolgersi principalmente al mercato estero vuol dire anche iniziare a combattere le contraffazioni alimentari, i prodotti “Italian sounding”, diffusi in tutto il mondo – e che di italiano hanno ben poco (giusto il nome sulla confezione, a voler essere ottimisti). L’80% almeno dei prodotti denominati italiani in giro per il mondo sono storpiature, nel nome e nei fatti, degli originali – e non servono lauree in economia per capire che il danno, in termini di immagine e di mancate entrate, per il nostro Paese è ingente.
Un modo per opporsi a questo stato di fatto è senza dubbio la diffusione della qualità del prodotto italiano. E torniamo così a Food in Italy. «La contraffazione alimentare è il “nemico” che ci troveremo di fronte tra poco, quando cominceremo a esportare in modo strutturale sui mercati esteri. Ci piacerebbe molto avere dalla nostra parte più produttori possibile, e magari anche il Ministero delle attività agricole. Con una spesa modesta – forse meno di 4/5 Ml € – si potrebbe ridurre enormemente un fenomeno che toglie allo stato italiano oltre 30 Mld € di imposte non incassate – una cifra pari a dieci volte il gettito IMU.»
Qualità del prodotto, dicevamo. «Noi mettiamo a disposizione i migliori prodotti possibili dalle Alpi fino a Pantelleria, sempre freschi e pronti a magazzino, e li portiamo direttamente fino alla porta di casa del cliente.»
Che cosa vi guida nelle vostre scelte? Chi è che va a cercare fisicamente i prodotti? «Il primo nucleo di produttori è stato individuato in circa due anni di lavoro. Purtroppo abbiamo trovato anche alcune aziende così piccole da rendere difficile un corretto rapporto commerciale, in quanto non riescono a stare dietro alle complessità burocratiche, amministrative e logistiche necessarie per un corretto servizio verso i clienti. Poi abbiamo persone che girano l’Italia incessantemente per fare scouting di prodotti, chef di rango e degustatori (alcuni nostri collaboratori provengono dall’Università di scienze dell’alimentazione di Pollenzo) che li testano, e solo al termine di questo percorso introduciamo un produttore nei nostri database. E alla fine, anch’io valuto personalmente il prodotto – diciamo che devo “crederci” davvero, o non riuscirò a spingerlo adeguatamente.»
E quali sono i costi per i produttori? «Premetto che noi siamo, credo, tra i pochissimi che pagano la merce in anticipo e in contanti: questo ci permette di tenere i prezzi bassi e quindi di dare un miglior servizio ai nostri clienti. Non chiediamo nulla ai produttori, salvo una fee di parziale rimborso spese sulla costruzione della scheda prodotto, che va scritta, fotografata e messa on line. La scheda dura per sempre e non vi sono altri costi di nessun genere. Ovviamente da parte del produttore deve esserci l’eccellenza assoluta della qualità.»
C’è qualche prodotto di cui siete particolarmente orgogliosi? «Molti – ma certamente gli oli e gli aceti balsamici sono la nostra specialità. Molti vini, anche. Il mio preferito è il Father’s Eyes di Massimo di Lenardo: uno Chardonnay barricato, che non ha niente da invidiare a certi rinomatissimi analoghi vini umbri che costano il quadruplo. Poi vi sono tutti quei prodotti che hanno una storia affascinante alle loro spalle, come il Mandarino tardivo di Ciaculli, che viene tuttora coltivato su quello che resta dei giardini privati dell’imperatore Federico II di Svevia…»
Questa in effetti è una storia incredibile – so che comparirà martedì 30 su ilgiornale.it, per il quale gestite la sezione Food. «Sì, i nostri articoli compaiono tutti i giorni in home page – e da quando siamo partiti abbiamo avuto veramente moltissime richieste, anzi, le vendite sono letteralmente esplose…»
Mi piace del vostro sito l’idea del blog, e la presenza sui social media, che stanno diventando sempre più importanti anche nel commercio online. «Il blog è il luogo dove si raccontano le storie, a volte curiose, spesso affascinanti, che stanno dietro a ogni prodotto, e anche ai produttori, che sono spessissimo personaggi umani davvero unici. Il discorso sui social è più complesso, il mondo ormai comunica sempre più attraverso i social network. Noi ne teniamo conto, e stiamo partendo adesso per rivoluzionare completamente le nostre pagine facebook con sistemi di marketing innovativo molto usati negli USA ma pochissimo conosciuti in Italia. Quando avremo finito sarà possibile usare facebook come si usa ebay, e addirittura ordinare in tempo reale qualunque bene o servizio.»
Vedo che Food in Italy è in italiano, inglese e tedesco. Come è composta la vostra clientela? «Abbiamo scelto di rodare la macchina in Italia per ragioni evidenti. Ma vendiamo molto anche in Germania, Inghilterra, Usa, Canada. Adesso siamo pronti ad affrontare in modo sistematico e strutturato il mercato tedesco e anglofono, perché l’export è la strada maestra che tutti dobbiamo seguire.»
Un altro mercato estremamente interessante è quello orientale, anzi due, per motivi diversi – giapponese e cinese. Ci state pensando? «Certo che ci pensiamo – e aggiungerei quello russo –, ma si tratta di mercati dove è indispensabile un accordo strutturale con un partner locale, altrimenti è molto difficile entrare, a meno di essere un colosso dell’alimentare. E ci piacerebbe coprire anche gli Emirati Arabi.»
Come funziona il vostro e-commerce? Quali sono le difficoltà? In primo luogo, immagino, la commercializzazione del fresco… «Il fresco che ha bisogno della catena del freddo, non lo vendiamo, perché è un lavoro diverso e a sé stante, mentre il fresco tipo parmigiano, o cioccolato, viene semplicemente sospeso nei periodi dell’anno nei quali non possiamo garantire che arriverà al cliente al 100% della sua freschezza e fragranza. Per quanto riguarda l’organizzazione, siamo una decina di persone molto motivate e con specifiche competenze, oltre ai collaboratori esterni. Ma siamo un’azienda che sta cercando nuovi collaboratori e che assume…» Quindi, se qualche lettore o lettrice fosse interessato… «Contattateci!»
Molti pensano che aprire un e-commerce sia economico… «È un concetto totalmente falso. Oggi organizzare un e-commerce perfettamente funzionante ha un costo che può variare dai 500.000 al milione di euro. Vanno considerati i costi di ricerca del prodotto, i costi di tipo informatico, la logistica, il magazzino, gli affitti, il personale, e soprattutto la comunicazione, che da sola vale almeno il 50% del totale. Ciò nonostante non è vero che non si possa creare un’azienda in questo momento economico. Certo, bisogna lavorare molto e sacrificarsi – l’orario di lavoro comincia alle 7 del mattino e finisce spesso alle 22.»
E quali sono i vantaggi offerti dalla vostra azienda? «Il servizio e la soddisfazione del cliente sono il nostro scopo primario, sempre e comunque. Noi siamo l’unica azienda online che garantisce sempre e gratuitamente il cliente sulla qualità la ricezione della merce nei tempi indcati: se qualcosa va storto, anche non per colpa nostra, risarciamo i clienti al 100%, e spesso ci permettiamo di offrire merce in omaggio per il lieve fastidio causato magari da un corriere distratto. Il servizio è il nostro vanto, poiché vendiamo solo cibo di altissima qualità, concepito, fabbricato e distribuito esclusivamente dal territorio italiano.»
A questo punto rimarrebbe solo da elencare quali sono i prodotti offerti sul sito – ma per questo forse è meglio andare direttamente su Food in Italy: anche solo per vedere i prodotti, le presentazioni, i consigli sul loro utilizzo e sulla conservazione, il racconto che ne viene fatto sul blog… O, magari, per cominciare ad assaggiare qualcosa…
Emanuele Bonati
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