L’AntipatiCibVs: La dura legge dell’impiatto
Quando sarà finita l’era delle lastre di ardesia utilizzate a mo’ di piatti e vassoi, inizieranno i tentativi con le lastre di marmo, e travertino per i piatti più pesanti; i più snob ripiegheranno sull’onice, i più bio su pezzi di corteccia staccatisi naturalmente dagli alberi proprietari, e i più cheap su pezzi d’asfalto stradale con ancora le strisce segnaletiche. C’è già chi pensa a utilizzare foglie di Gunnera manicata o di Victoria regia, con sezioni di tronco di Ceiba pentandra come vassoi.
Vietato rubare palette e rastrelli ai bimbi per farsi il servizio di posate ton-sur-ton.
Un capitolo a parte le pietanze proposte nei barattoli di vetro, nelle scatolette svuotate dei pelati, nelle lampadine usate, nei portasaponette, nelle boccette di smalto per unghie, nei portamonete, nei sacchetti di carta, nei pitali decorati e nei pappagalli recuperati, nei portacenere…
Ma che bontà / ma che bontà / ma che cos’è questa cosina qua…
Ma già si fanno avanti gli estremisti: nei locali più post-trendy, possibilmente post-industriali locati in zone pre-urbane, le diverse portate vengono servite direttamente sui tavoli. Minestre e soupe à l’oignon vengono versate direttamente da autopompe post-pompieristiche, ma soprattutto molto pompier, sulle gamelle tenute in mano dai commensali, mentre spezzatini e brasati, in un verace ritorno all’alimentazione robusta di una volta, vengono scofanati sul piano del tavolo da betoniere hi-tech; solo negli ambienti più raffinati, diciamo di designer e architetti, sono utilizzate come segnaposto delle simpatiche tovagliette fatte con fogli di carta formato A4, con grammatura sostenuta, naturalmente.
Menu à la carte.
Veneranda Astrusi
Per le immagini si ringrazia Four Magazine
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