Sul leggio di BlogVs: “Uomini e pecore” di Davide Enia
No, il mio non è un giudizio artistico, né estetico critico, e nemmeno una valutazione dettata da rivalità o invidia professionali, antipatie, storie di donne, rivalità virili. si tratta di una constatazione, ragionata e meditata.
Davide Enia è un cretino.
No, non ci sono scusanti attenuanti: è un cretino e basta. Perché uno che scrive di ricordi di guerra e di amicizie di oggi, di carciofi alla giudìa e uova prese dal culo della gallina, e che riesce a commuovermi fino alle lacrime descrivendo una dichiarazione d’amore bellissima fatta cucinando la coda alla vaccinara mentre i soldati di Decimo Giunio Bruto vacillavano sulla riva del Lima, o del Lete, e la ricetta si stempera nel ricordo del primo incontro, beh, allora è uno sleale, cretino, farabutto, bravo, bravissimo, grande scrittore. Uno di cui mi procurerò subito l’opera omnia, o per lo meno il suo primo e finora mi sembra unico romanzo, Così in terra, edito da Baldini&Castoldi. Ah no, guarda qui – ce l’ho, nella catasta dei libri da leggere. Ho avuto fiuto.
Perché invece qui sto parlando di un librettino bellissimo, appunto di Davide Enia, Uomini e pecore (EDT, 100 pp., 7.90€). Ecco, forse il titolo, per quanto significativo, non è bellissimo. Ma il libro sì, ve lo assicuro.
Fa parte della collana – diretta da Luca Iaccarino – Allacarta: percorsi guidati da scrittori alla scoperta delle città e delle relative cucine. Qui siamo nel Lazio, e a Roma, visti attraverso le storie intrecciate e dipanate dal narratore, lo stesso Enia, bravissimo nell’apparecchiarci le vicende, avanti e indietro nel tempo, e a raccontarci prepararci servirci, come ho detto, la coda alla vaccinara, e anche i carciofi alla giudia, e la pasta alla carbonara. E la vita e la storia e la cucina. Ecco.
Emanuele Bonati
Submit a Comment