In gita da Citterio: come si fa il prosciutto
Nell’immaginario collettivo – o forse solo nel mio – quando si pensa a un’industria alimentare viene in mente un ambiente freddo e impersonale. Sono quindi rimasta piacevolmente sorpresa – e sbugiardata – dalla visita a uno degli stabilimenti della Citterio, quello di Poggio S. Ilario, dove sono prodotti i prosciutti di Parma Dop.
Per mantenere le tecniche di lavorazione tradizionali, il microclima necessario e le Dop, la Citterio ha infatti diversificato la sua produzione, costruendo i propri impianti nei luoghi di origine dei prodotti, pur mantenendo la base operativa a Rho. A Rho infatti Giuseppe Citterio ha iniziato nel 1870 la produzione del Salame Milano, creato appositamente per l’esportazione, inventando una ricetta che permettesse di conservarlo a lungo e che consentisse agli emigranti italiani di portarsi appresso un po’ di “made in Italy”.
Artigianalità e tradizione di pari passo con l’innovazione sono gli ingredienti della Citterio.
Artigianalità perché il prosciutto è sempre trattato a mano, uno ad uno, in ogni fase più delicata: dalla scelta delle cosce di maiale migliori alla salagione, dosata secondo la necessità, dalla sugnatura (la copertura delle parti più magre del prosciutto con la sugna affinché la carne non si asciughi troppo) una sorta di delicato massaggio effettuato da mani esperte e veloci, alla rifilatura fino al disossamento.
Tradizione perché la preparazione e la stagionatura del prosciutto seguono le stesse regole di produzione fin dall’antichità. Il maiale, infatti, si macellava a Novembre affinché i prosciutti affrontassero tutto il percorso di trasformazione alle giuste temperature, garantite solo delle stagioni e in Citterio sono stati appositamente creati una serie di locali ventilati (posizionati uno di seguito all’altro) che riproducono l’alternanza delle stagioni. Appese alle tradizionali scalere le cosce scorrono da un locale al successivo (passando dai 14° dell’inverno ai 18-19° della estate) per le fasi di prestagionatura, che durano circa 3 mesi, e in seguito, dopo la rifinitura, proseguono la stagionatura vera e propria fino ad arrivare ai 20 o 36 mesi.
Innovazione perché in Citterio hanno meccanizzato tutti i passaggi più pesanti con l’invenzione di particolari robot che spostano e appendono alle scalere i futuri prosciutti e hanno progettato una serie di rotaie lungo le quali possano scorrere senza fatica e passare da una fase all’altra della produzione.
A coronamento di tutto ciò, quello che lascia il segno, è una più che calda accoglienza, la disponibilità di tutti a domande e delucidazioni, e soprattutto l’entusiasmo e la passione che tutti, dal responsabile dello stabilimento alle ragazze che “massaggiano” i prosciutti, mettono nel proprio lavoro.
Forse, ma dico forse, alla buona impressione hanno contribuito anche i più che abbondanti assaggi di prosciutto: dal taglio fresco, il prosciutto stagionato per soli 12 mesi, alla dolcezza del venti mesi fino a un eccezionale trentasei mesi.
Lorenza Pliteri
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