Non l’8 marzo
Camminava davanti a me a passi troppo piccoli, come fanno i malati di Parkinson, troppo sbilanciato, sempre più sbilanciato in avanti per non cadere – anziano elegante magro alto e con i baffetti e somigliava tantissimo al nonno.
E mentre pensavo così è caduto davvero davanti al portone del 103 e non ho avuto il tempo di afferrarlo, ma di rialzarlo un secondo dopo sì, con la fronte sanguinante.
Con il portinaio lo abbiamo messo a sedere.
“Aspetti, puliamo questo graffio – (era un taglio) – le chiamiamo qualcuno?”
“No. Non voglio far preoccupare mia moglie.”
Solo che non se la sentiva di alzarsi, si era spaventato. Allora ci ha raccontato che lui aveva visto la guerra, di tanti anni prima, di cose che dovevano farci capire come era stato giovane e forte.
Ma passava troppo tempo e sua moglie si sarebbe allarmata non vedendolo rientrare.
Così, l’abbiamo chiamata. È arrivata poco dopo: anche lei magra, composta, lo cercava con gli occhi.
Lui l’ha vista e le ha detto solo:
“CIAO BELLA”
e a quel punto mi sono voltata perché piangevo già troppo.
Questo fatto è successo un giorno qualunque, non l’8 marzo.
L’amore infinito e il rispetto non hanno date sul calendario.
Daniela Ferrando
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