Piatti paradossali: pisciammare dal Salento
In Salento ho anche ascoltato il cibo oltre ad assaggiarlo. Ma questa ricetta che mi hanno raccontato una sera dopo cena (in tavola, verdure in tutti i modi) mi è rimasta impressa più delle altre. A riprova dell’autentica trasmissione orale, non so neanche come si scriva davvero.
Il suo nome mi è stato dettato come se fosse “lu pisc’ a ‘mmare”, ma ho anche trovato “pisci a ‘mmare” “pisceammare”, “pisciammare”. Ho scelto l’ultima lectio in quanto facilior: più semplice da scrivere, pronunciare e ricordare.
È una zuppa, preparata per la colazione prima del lavoro nei campi. Povera, poverissima, paradossale. Vive di un aroma desiderato, quello del mare. Ed è talmente povera, che è una zuppa di pesce senza pesce. Trascrivo la descrizione a cura di Enzo Turco su Salentoreview e pubblico l’unico video che sono riuscita a trovare che ne documenta la preparazione – bilingue italiano-portoghese:
“Lu pisceammare”
È un piatto sicuramente studiato ed elaborato dalle donne dei nostri pescatori. Esse mettevano a bollire in una pentola acqua, sale, origano, cipolle, pomodori, prezzemolo e grani di pepe. Raggiunto il bollore immergevano per almeno 20/30 minuti delle pietre, prelevate dal fondo marino, piene di alghe ed altro. Cuocendo questi pezzi di scoglio aromatizzavano abbondantemente il brodetto dando alla pietanza un inconfondibile sapore di pesce. A chi domandava dove stesse il pesce usato, la risposta era pronta ed immediata: “Lu pisce ? A ‘mmare… no!?”.
Non digerite i sassi? Il giornalista salentino Alessandro Chizzini, che per primo mi ha parlato del “pisciammare”, mi ha spiegato che al posto delle pietre di scoglio adesso si mettono tocchi di pane raffermo o friselle spezzate, che si fanno ammorbidire versandoci sopra la parte brodosa. Buon appetito!
Daniela Ferrando
[Immagini: iPhone di Daniela scattate durante un viaggio salentino a #uggianoedintorni, beautifulpuglia]
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