#IDIC2014: Gli spaghetti al pomodoro “foodie” di Livio Cerini di Castegnate
Oggi, 17 gennaio, è la Giornata Internazionale delle Cucine Italiane #IDIC2014 – e protagonisti della celebrazione sono gli “Spaghetti al pomodoro”. Tutti gli chef, tutta la blogosfera, tutti quanti metteranno nei loro menu e proporranno in rete e sulle tavole la loro versione, più o meno classica tradizionale rivisitata, di uno dei piatti simbolo della nostra cucina.
Anche noi partecipiamo, con questo post a metà fra storia, critica e cucina. Avremmo qualcosa da ridire sull’aggettivazione usata per la parlata lombarda, magari – ma prendiamola come opinione storica…
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Nel suo Gentiluomo in cucina. Storia e ricette della cucina classica (Milano, Sonzogno, 1983) Livio Cerini di Castegnate parla degli spaghetti al sugo di pomodoro, dandocene la versione “lombarda” – che riportiamo qui sotto. Il titolo della ricetta è “Pastasutta, Pasta Cunscia, Pasta Bissa”: «Espressioni che fanno rabbrividire. Orribile favella di Lombardia, di quelle popolazioni che, dopo l’Unità d’Italia, si erano avvicinate diffidenti con sospetto e prudenza alla cucina fürestera del Centro e del Sud. Si può dire che fino al 1920 gli spaghetti erano un evento straordinario, ignoti o quasi alla gente del popolo, e noti solo ad una certa borghesia considerata progressista e culinariamente spregiudicata.»
Ecco allora la ricetta di un piatto “foodie” ante litteram (inutile dire che l’aggiunta finale del basilico è da ritenere implicita…).
«L’assunto della salsa sta nel tempo lunghissimo di cottura. Per quattro-cinque persone in una padella si mettono 150 gr di burro e due cucchiai d’olio raffinato e per nulla extra-vergine, con due fese d’aglio intere e una bella cipolla tagliata a fette sottilissime.
Si inizia e quando la cipolla comincia a prendere colore si versano 100 gr di concentrato di pomodoro diluito in pochissimo brodo, poco sale e poco pepe. Dopo una decina di minuti a fuoco allegro e lavorando sempre con il cucchiaio di legno, si abbassa il fuoco al minimo e si aggiunge mezzo mestolo di brodo scuro.
Si prosegue per un paio d’ore di alternanza tra concentrazione e diluizione; vale a dire quando il fondo si restringe troppo si allunga con il brodo poco per volta nella misura di mezzo mestolo.
Il procedimento favorisce il totale assorbimento del pomodoro al grasso ed alla fine avremo uno strato superiore di grasso rosso scuro ed un fondo di bruno proteico.
Gli spaghetti, come Sant’Ambrogio vuole, cioè non al dente, si scolano con cura, si mettono in una larga padella a bordi alti, si condiscono col “sugo” e a fuoco diretto si fanno “saltare” per qualche minuto. Questa operazione complementare è tutta lombarda e rende la pasta sapidissima perché riesce a diventare un tutt’uno col suo condimento.
Il profumo è eccezionale. Chi vuole in tavola ci unisce il formaggio.»
Emanuele Bonati
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