Passando per via Lecco, ecco palesarsi un localino nuovo, anzi appena rinnovato, affrescato di fresco, imbandierato (come altri nella via e nei dintorni) con la bandiera arcobaleno. Aria moderna e piacevole, mattoni a vista imbiancati, pareti dal vecchio intonaco sgraffiato e graffito, lampade simil-industriali appese a lunghi cavi elettrici, musica, le vetrate aperte sulla strada. Locale gay-friendly, quindi, moderno, disinvolto, proprio carino, il caffè è buono.
Esco tuttavia con una sensazione di leggero fastidio, consapevole che a volte le idee di marketing andrebbero riflettute un poco più a lungo. Insomma, il nome del locale è sicuramente gay-very-friendly, e al tempo stesso neutro e quasi tautologico nell’affermare con la denominazione anche l’indirizzo. Eppure lascia un retrogusto, ecco – no, potrei esprimermi meglio… un sapor… una sensazione sotto sotto… no… insomma…
Insomma, l’idea dovrebbe essere gay o etero chissenefrega, il mio locale è gay ma va bene per tutti – ma se il nome ti suona un po’ strano, se il logo aumenta la sensazione di differenza, di distacco, cioè, nulla in contrario sull’idea in sé, parliamone, ma insomma, intanto…
Insomma, il nome non mi piace. L’ho detto, anzi, scritto.
Veneranda Astrusi
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