Omotenashi: parola magica per Expo e i suoi menu giapponesi
Come accade con molte parole giapponesi, anche omotenashi fluttua tra diversi significati. Omotenashi è l’essenza dell’ospitalità e dell’accoglienza – l’attenzione e il rispetto per l’ospite. Ma anche la cerimonia del preparare, del servire e del gustare. I gesti sapienti. L’atmosfera che si crea. Il sentimento che accomuna ospitante e ospitato. Il ricordo che ne resta.
Quando, presso Inkitchen LOFT, abbiamo provato l’anteprima dei menu per il padiglione giapponese di Expo, omotenashi è stato un concetto molto sottolineato. Ci tengono moltissimo, quasi mimicamente, propagando tra il pubblico i loro cenni di incoraggiamento e assenso.
Una diversità armoniosa
Dashi, katsuo, maguro, bonito, umami. Li impareremo come abbiamo imparato sushi, sashimi, onigiri e tanti altri termini della cucina giapponese. Pazientemente, imprimendoli nella memoria dei sensi. O studiosamente, consultando il sito creato per l’Expo oppure uno dei tanti glossari online.
È l’armonia degli opposti a dominare nei piatti nipponici. E la “diversità armoniosa in cucina” è stato il tema proposto da JRO – Organization to Promote Japanese Restaurants Abroad, che ha organizzato un quadruplo showcooking per anticipare i tipi di menu che gusteremo all’Expo. Sono stati presentati:
• assaggi di sushi e di tempura
• rice burger – hamburger a sorpresa racchiuso non nel pane, ma nel riso
• sukiyaki – brodo e verdure, con tofu, fettine di manzo e uovo crudo
7 ristoranti, tante cucine
Durante i mesi dell’Expo saranno presenti nel padiglione giapponese 7 ristoranti – uno fisso, gli altri 6 operativi a rotazione nella food court – con menu per tutti i tipi di spesa e di appetito.
Eccoli, con le loro specialità:
Ristorante Minokichi: locale storico, amato da oltre 300 anni dalla Famiglia Imperiale. Esponente dell’elaborata cucina Kaiseki che, nella gastronomia giapponese, designa la tradizione alta, frutto di profonde competenze tecniche, basata su ingredienti locali perlopiù freschi, che cerca armonia compositiva di gusti, motivi, forme, colori.
Fascia di prezzo > (solo Menu) 80-220 Euro
Mos burger: il fast food del sol levante, cucinato sul momento. Con straordinari hamburger, tra l’altro, farciti di gamberi e verdure saltate tra due semisfere di riso dorate.
1 Hamburger 6-8 Euro. Menu 10-12 Euro
Coco Ichibanya: introdotto a cavallo del ‘900 dagli inglesi, il curry è stato adottato e adattato al gusto giapponese in molte preparazioni – la più classica quella col riso – tra cui il karē udon e il katsu karē, cioè il tonkatsu al curry.
Fascia di prezzo: 9-14 Euro
Kyotaru: sushi tradizionale ‘stile Edo’, inari sushi e sushi Kyotaru ‘stile Kyoto’ a base di autentico e delizioso riso giapponese, tonno, ricciola e orata da allevamenti giapponesi.
Fascia di prezzo: 15-20 Euro
Sagami: onigiri, soba, udon, donburi, dolci. Family restaurant specializzato in pasta – soba e udon – e finissimi tempura (asparago e melanzana della degustazione erano memorabili).
Fascia di prezzo: 5-20 Euro
Ningyocho Imahan: sukiyaki e bistecca alla giapponese. Tradizionalmente preparato al tavolo, il sukiyaki richiede manzo e verdure in uno speciale brodo, completato da un uovo crudo. Speciali bento box per l’Expo – andranno a ruba?
Fascia di prezzo: 35-40 Euro
Kakiyasu: sukiyaki da un locale storico, il cui motto è ‘Buoni Piatti con Buoni Valori’. Tradizionale, con punte innovative. Il sukiyaki è piatto conviviale di carne per eccellenza.
Fascia di prezzo: 35-40 Euro
Ne voglio ancora!
Ok, Ok. Un po’ di link per approfondimenti:
sull’omotenashi
sul sukiyaki
sul curry alla giapponese
sul padiglione Giappone all’Expo
su un nuovo libro intorno alla cucina e alla cultura giapponese
La foto dei ciliegi in fiore (in giapponese sakura) in apertura è di Bruno Cordioli aka br1dotcom.
Daniela Ferrando
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