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BLOGVS | November 24, 2024

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Con #Archichefnight e gli architetti in cucina dobbiamo aggiornare Vitruvio?

Con #Archichefnight e gli architetti in cucina dobbiamo aggiornare Vitruvio?
Daniela Ferrando

Anche quest’anno Archichefnight gira l’Italia e costringe (nessun architetto è stato maltrattato in questo frangente) studi di architettura di varie città a sfidarsi in una gara di creatività culinaria. Come? Progettando piatti, gustati e votati dal pubblico di una serie di cene itineranti presso ristoranti famosi.

Ora, dopo Torino e Milano – a City Life, presso Attimi di Heinz Beck – il tour è destinato a toccare Londra, Roma, Zurigo, il Salento, Copenaghen, New York, e Merano. Tutti i dettagli sul sito degli organizzatori-ideatori.

Vitruvio, che pure nel “De Architectura” aveva codificato lo spettro delle conoscenze e competenze dell’architetto – acustica, ottica, medicina, disegno, geometria, aritmetica, musica, astronomia, giurisprudenza… non aveva considerato scientificamente o artisticamente la cucina degna di questo novero.

Gualtiero Marchesi però sì. Una delle sue frasi più citate è “La cucina è di per sé scienza. Sta al cuoco farla diventare arte.”

Aggiorniamo Vitruvio? In un certo senso, qualcuno di ha già pensato.
Towant, agenzia fiorentina che ha inventato il format dell’Archichefnight e molti altri momenti esperienziali e non convenzionali di contaminazione tra architettura/design e molte altre scene della creatività, chiede agli architetti di progettare letteralmente un piatto e di cucinare il progetto. Un piatto e un progetto capaci di rispecchiare la Weltanschauung dell’autore.

Il primo output è uno schizzo.
Uno degli aspetti più affascinanti è, lo confesso, proprio questo schizzo del piatto, che in nuce contiene molto di più dell’idea e dell’estetica finale. È anche il sogno del progettista un attimo prima di venire a compromessi con gli ingredienti reali, con la fattibilità pratica, con la riproducibilità in multipli, che viene discussa e ottimizzata con lo chef.

Un altro aspetto affascinante è il nome/naming del piatto. Fa parte anch’esso della suggestione di design, ne sono convinta. Addirittura può spingere la fortuna di una creazione. Questione di branding!

Per questo e per la cronaca, oltre a pubblicare gli schizzi dall’antipasto al dolce, riferirò studi partecipanti, nomi dei piatti e vincitore della puntata milanese:

Joseph di Pasquale architects | Antipasto nr. 1-Pesce | TITOLO: GAMBERI ALLA “MANCANZA”DI PANCETTA
marcocariniinteriordesign| Antipasto nr. 2-Vegano | TITOLO: Rainbow
EPTA Studio Pizzi | Primo piatto | TITOLO: RisottoF205
A2T Milano | Secondopiatto-Costolette di agnello | TITOLO: AGNELLO IN 3 COLORI
Eligo | Dolce-doppia sfera (gusto tiramisù)| TITOLO: Geometria Dulcis

Hanno vinto i gamberi, con il loro piatto vuoto al centro, che ha quindi l’onore della copertina in questo articolo.
Il vuoto è mancanza, la mancanza è desiderio.
E noi, sappiamo che cosa desideriamo veramente?

 

Daniela Ferrando

[Immagini: courtesy of MA comunicazione per Towant; foto in copertina Giulia Virgara]

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