Gelato confezionato: un dossier per sciogliere le fake news
Sembra un paradosso dire che il gelato, a questo torrido punto dell’anno, è un argomento caldo. E non solo: è un argomento sensibile, che tocca le differenze tra gelato confezionato e gelato artigianale. Infatti è appena uscito un dossier dell’Istituto del Gelato Italiano.
Questo dossier, redatto da un nutrito pool di medici ed esperti scannerizza l’alimento più estivo che ci sia, dal fronte del gelato confezionato, cioè il gelato industriale. Cioè Satana, per come la pensano i puristi del gelato come opera d’arte.
Porgiamo dei numeri? Elenchiamo un po’ di pregiudizi?
Gelato industriale che se la gioca al 50% dei consumi con il suo omologo artigianale e vale oltre 2 miliardi di euro l’anno, l’equivalente di 3,5 milioni di porzioni (dati del 2019).
Gelato industriale, specialmente multipack, che noi, noi italiani, consumiamo in ragione di 3 kg pro capite l’anno mentre – ci credereste? – in Scandinavia questo valore è doppio. Non è che noi non destagionalizziamo abbastanza? Davvero ci ricordiamo del gelato soltanto in estate?
Gelato industriale che, interpretando lo spirito dei tempi, tende sempre più al buono e salutista anche con gelati senza glutine o senza lattosio; offre una varietà di taglie dal mini all’extralarge; sperimenta nuovi ingredienti e accostamenti, come il cacao Ruby o i gusti speziati.
Ma che dicono essere pieno d’aria e di grassi idrogenati, di conservanti e di pregiudizi.
E che è perciò protagonista del dossier NUTRIZIONE & GELATO, liberamente consultabile sul sito dell’Istituto del Gelato Italiano. Vale la pena di leggerlo, anche per capire se sarà poi vero che il gelato confezionato è così demoniaco.
L’Istituto suddetto pesa perché esprime il 90% dell’industria gelatiera nazionale. Vi aderiscono Froneri, società creata dalla Joint Venture tra Nestlé e R&R cui fanno capo marchi come Gelati Motta, Antica Gelateria del Corso, Nuii, La Cremeria…; Sammontana e Unilever ossia Algida.
Ma riassumiamo qui alcune fake news sul gelato industriale e il loro ribaltamento. Sono 7, numero perfetto. Poi, ognuno scelga secondo i suoi gusti.
Monopolizza le regole
Rovesciamo la prospettiva: il gelato industriale si è dato, fin dal 1993, un codice di autodisciplina produttiva rigidamente osservato dagli aderenti. È quindi difficile che si sconfini. Più verosimile è invece che proprio alcuni produttori sedicenti artigianali sconfinino, danneggiando in questo modo sia la credibilità dell’industria, del prodotto e degli artigiani autentici.
È pieno di conservanti
Sorpresa. Il gelato confezionato non ha bisogno di conservanti perché è conservato dal freddo. Di conseguenza, il rigoroso rispetto della catena del freddo preserva le migliori qualità organolettiche del gelato. Molto utile accertarsene leggendo l’etichetta.
È proibito in gravidanza
Uova crude, latte crudo, rischio di salmonella e toxoplasmosi per le future mamme? No, il gelato confezionato utilizza rigorosamente sia uova che latte pastorizzati, ipercontrollati. Perciò in gravidanza e durante l’allattamento, il gelato può essere ragionevolmente presente, utile e gradito.
È carico di grassi idrogenati
Da anni, e per un’azione volontaria dei produttori dell’industria gelatiera, non vengono più impiegati grassi idrogenati, che possono apportare acidi grassi trans, potenzialmente dannosi per il sistema circolatorio. I grassi saturi presenti, per esempio sotto forma di olio di cocco, sono in giusta dose per rendere il gelato palatabile morbido e consistente.
Induce consumo compulsivo
L’industria propone, il consumatore dispone. Ci sono gelati per tutti i gusti e taglie, confezioni famiglia e porzioni individuali e, tra queste ultime, moltissime opzioni. Ora, il fatto che esistano formati tipo bocconcini significa che un bocconcino è una porzione, non tutta la bomboniera. Un segreto per autocontrollarsi? Mettere da parte la porzione che ci si vuole concedere. La misura ideale? Il corrispettivo di due palline, pari a circa 100 ml, praticamente circa 60 g.
Il gelato industriale è tutta aria
Leggiamo il dossier: “Nel gelato l’aria è indispensabile, in quanto senza l’aria il gelato avrebbe la consistenza di un blocchetto di ghiaccio senza le valenze di gusto e palatabilità che lo caratterizzano. Peraltro l’aria ha un peso irrilevante e non ha calorie, ma contribuisce a dare più volume al gelato” e noi, ahimè, mangiamo anche con gli occhi. “Esiste comunque sempre in ogni gelato una quantità di aria ottimale dal punto di vista della resa organolettica. L’aria contenuta nel gelato, comunque, non si paga perché il gelato in Italia è venduto a peso”.
È “ultraprocessato”
Sostenere che il gelato confezionato sia un cibo ultraprocessato non ha nessuna valenza, né negativa, né positiva dal punto di vista salutistico. Il prodotto nasce da semplici operazioni di miscelazione e graduale raffreddamento, fino al congelamento degli ingredienti: trasformare gli alimenti non porta in automatico a prodotti dannosi per la salute.
La conclusione, per piacere
Concludendo: il gelato confezionato esce dal dossier come un alimento sano, democratico, sicuro, associato a un piacere accessibile. Gli zuccheri, le proteine, i grassi saturi che contiene sono in quantità controllate e consapevole deve esserne il consumo.
Anziani, bambini, sportivi, diabetici, celiaci, vegani e vegetariani sono i benvenuti e possono trovare il loro gelato confezionato ideale, grande o piccolo. E i golosi classici sono benvenuti anche loro, visto che hanno collocato la punta di cioccolato del Cornetto [— avete capito quale —] tra le libidini dell’umanità.
Daniela Ferrando
[Immagini: IGI, AIDA partners]
Submit a Comment