Figlio dei fiori al Clandestino
- christian
- On 10/01/2011
- http://www.cibvs.com
Avevo già pubblicato un post sul Clandestino Milano tempo fa, dopo avervi pranzato con un favoloso lunch box. Mi ero ripromesso di tornarci per provare il ristorante nella veste serale: l’ho fatto l’altra sera.
L’atmosfera mi era piaciuta allora e mi piace ancora. Sì, è vero che forse l’aspetto della sala poteva essere curato meglio, ad esempio nelle rifiniture; ma di questo avevo già parlato.
L’importante per me ora è concentrarmi sul nuovo menù “Figlio dei fiori” – chissà quali segreti ingredienti nasconde… – che Moreno Cedroni propone da pochi giorni.
Intanto arriva subito un bread box con il pane tiepido (cracker, grissini, focaccia, pane al nero di seppia e mini-francesini) da accompagnare con dell’olio marchigiano aromatizzato alle clementine. Mi piace!
Subito dopo inizia il percorso floreale.
Lavanda: un drink fresco con del sakè, del brut Velenosi e dello sciroppo di lavanda; da sorseggiare alternando a ditate su un piatto dove c’è una striscia di… burro di noccioline. Ottimo.
Viola: ricciola cruda con goccio di olio Limò, su una zuppetta di porri, cubetti di basilico in gelatina, amaranto soffiato (una specie di cereale del Sudamerica che ha origini antichissime) ed ovviamente julienne di petali di viola.
Orchidea: rombo crudo marinato con soya lemongrass zenzero e cardamomo su crema base di cavolfiore acidulato, cavolo cappuccio, il daikon e l’alga kombu, granelli di pepe rosa e l’orchidea. Come dice lo chef Antonio, è proprio un flipper di sapori! Il rombo che ha consistenza leggermente viscida, i vegetali orientali che rinfrescano e danno anche una nota iodata, il pepe rosa che esalta i profumi e l’orchidea che, con il suo retrogusto di carciofo, completa l’opera.
Il menù è stato degustato sorseggiando del buon Verdicchio Le Vaglie della tenuta Santa Barbara.
Il personale molto discreto, ma attento e preparato. Quindi mi ripeto, al Clandestino si sta proprio bene. Possiamo criticare le finiture del locale, quelle sì. Ma non la cucina che comunque resta quella di un grande chef. Che ovviamente non è presente, ma credo di poter affermare che chi sta nella “sala comandi”, Antonio Bufi, sa il fatto suo. Non posso fare un paragone con la cucina di Portonovo perché non ci sono mai stato. ma l’impronta è quella…
Forse una piccola critica posso muoverla anch’io, dicendo che le porzioni potrebbero essere riviste – ma quando ho davanti un piatto con quei profumi e quei sapori, non posso fare altro che inchinarmi…
Christian Sarti
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