CibVs legge…. Lo chef è un dio di Ilaria Bellantoni
Diciamo che l’autrice non si vuole presentare come una personcina simpatica, anzi; diciamo che dopo poche pagine, o righe, capisci che l’autrice racconterà peste e corna del cuoco dei cuochi della cucina; diciamo che all’ennesimo proclama un po’ sopra le righe (sono scesa dal jet, manoloblahnik, madonna, io ho intervistato, sono stata, mi ha telefonato) – pur se giustificato – provi un vago prurito; diciamo che una serie di mantra (i cuochini, i nomignoli, le piccole fiammiferaie e su tutto io odio cucinare) sono tutti tanto troppo usati abusati e prevedibili; diciamo che peraltro l’unica cosa veramente carina è la continua interferenza di Peg Bracken, autrice appunto, nel 1960, di Io odio cucinare; diciamo che l’atmosfera di violenza e terrore che avvolge i passaggi del grande chef (violenza fisica, picchia selvaggiamente i cuochini… o no?) perde un po’ di allure se consideri che son tutti più o meno coscienti e non incatenati ai fornelli, e che se accettano eventuali ipotetici maltrattamenti, beh, il gioco varrà ben la candela; diciamo che chiamare la via del famoso ristorante col nome di un personaggio chiave del romanzo scritto dal reale titolare della via stessa, beh, è un gioco facile (per carità, tutto è giocato sulla facilità dell’identificazione, ma insomma); diciamo che ci sono annotazioni osservazioni spunti interessanti, come le interviste; diciamo che se qualcuno ha realmente ipotizzato il ricorso a un correggimento fisico dell’autrice, diciamo, è sicuramente deprecabile, ma se non giustificabile perlomeno comprensibile…; diciamo che se il libro fosse stato “sono andata da CC in via VH e io odio cucinare sono venuta via avendo imparato tante cose ma non mi piace cucinare ma che bella esperienza però” forse non avrebbe venduto moltissimo.
Emanuele Bonati
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Ema, quindi? lo devo leggere o no? 🙂
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