Carne trita: i “kiwi” e la Nuova Zelanda
Questa edizione dei Mondiali, cominciata ormai da un paio di settimane, si gioca in Nuova Zelanda – dove il rugby non è tanto lo sport nazionale, quanto piuttosto lo sport che si identifica con la nazione. Identificazione totale, direi – raccontano le cronache del voto di castità fatto non tanto dagli All Blacks (la squadra prende il nomignolo dal colore nero delle divise), quanto dalla nazione tutta (ok, immagino da una parte della popolazone, ma poco importa…) per sostenere lo sforzo sportivo dei loro atleti in questo mese e passa di competizione. Immagino che comunque anche gli All Blacks conducano una vita morigerata – leggo che è stato loro proibito anche l’uso di social network quali Facebook, Twitter ecc.
Quest’anno poi il tutto assume una connotazione particolare – il recente terremoto che ha colpito la nazione ha gravemente danneggiato Christchurch, una delle città principali e delle sedi del campionato (la città è stata colpita proprio durante un allenamento degli All Blacks, che essendo sul campo non ne hanno valutato esattamente la portata, salvo uscire e ritrovare la città semidistrutta), ha probabilmente costituito uno sprone in più per affrontare il mondiale.
Le loro gare si aprono sempre con la Haka, la danza rituale, mutuata dagli indigeni neozelandesi, che coinvolge tutto il corpo nell’espressione dei propri sentimenti – in questo caso, di sfida, di intimidazione. Si tratta di un elemento molto scenografico, ma anche molto bello per la “definizione” di questo sport, assieme al “terzo tempo”, il momento conviviale finale. Virilità, sfida, violenza, rispetto, sportività, tutti assieme.
Al momento, la Nuova Zelanda è in testa al suo girone A, con tre vittorie in tre partite: l’ho visto su 4rugby, il sito a cui faccio riferimento per le notizie sui mondiali, le curiosità, le classifiche (visto che BlogVs – chissà perché – non mi manda in Nuova Zelanda a seguire il tutto…).
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I giocatori neozelandesi sono anche detti “kiwi”, dal nome dell’uccello nazionale – che infatti vive solo qui.
Non ho idea se il kiwi sia commestibile, e se di conseguenza vi siano ricette per cucinarlo – una rapida ricerca in rete non ne ha evidenziate; per questo motivo vi propongo una ricetta alternativa, sempre però a base di kiwi.
La ricetta mi è stata insegnata a un corso di cucina per single, in cui la cuoca maestra aveva un allievo single (anzi doppio single; senza fidanzata, e allievo unico), e per farlo sentire meno single mi aveva invitato a seguire le lezioni…
La ricetta è semplice: pulire e tagliare il kiwi a fette di spessore a piacere, ma diciamo fra mezzo centimetro e un centimetro; immergere (completamente, o in parte) le fette nel cioccolato (amaro) fatto precedentemente fondere sul fuoco (con aggiunte a piacere di latte panna); eventualmente decorare con frutta secca tritata, granella di zucchero; cercare di resistere e far solidificare il cioccolato su un foglio di carta forno.
Una delizia.
Ah… sì… ovviamente i kiwi non sono i volatili, ma i frutti…
Sì, lo so, la battuta non è un gran che, ma non c’è bisogno di fare quella faccia…
Emanuele Bonati
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non c’era bisogno di firmare nessun altro poteva fare una simile battuta. buona la ricette je vais essayer
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