Intervista al “turista per vino” Alessandro Acerbi
• Caro Alessandro, dopo aver letto il tuo libro – Turista per vino, edito da Mariotti Publishing – posso sintetizzare il mio giudizio in una frase breve ed essenziale: “Che delusione!” Sapendo che si trattava del libro di un medico anestesista, mi aspettavo una serie di indicazioni su quali vini e gradazioni alcoliche usare in sala operatoria appunto per anestetizzare (d’accordo, per pre-anestetizzare…) i pazienti: un passito per le plastiche facciali, una bollicina per le tonsille, un bel Merlot per le blefaroplastiche, una Bonarda per le vasectomie (ok, questa è bruttina…), … – insomma, un modo per rendere più piacevole l’approccio alla sala operatoria. E invece niente: è un libro serio, scherzoso, piacevole, ma serio.
Urka! Fantastico! Sei il primo che mi dice che si tratta di un libro serio!
Comunque, è vero che in sala operatoria entriamo sempre con almeno un paio di fiaschi di Chianti sottobraccio. Ma quello è per noi: uso rigorosamente personale. Con i Pazienti facciamo una specie di cocktail secondo l’estro e l’ispirazione del momento…
• Nel tuo libro viene ripetuto a iosa – ma visto che noi ci rivolgiamo a chi ancora non lo ha letto, non possiamo esimerci dal chiedertelo: perché un medico anestesista scrive un libro sul vino?
Perché il mio è il lavoro più bello del mondo: guardo gli altri che lavorano. Trattandosi dei chirurghi (che sono i nostri nemici naturali), il godimento è doppio.
Se non combinano casini, ho un sacco di tempo a disposizione. È vero che potevo riempirlo scrivendo il manuale del perfetto anestesista, ma mi è sembrato più divertente seguire il mio istintivo tropismo verso il mondo di Bacco.
• Emergono dalla lettura di Turista per vino – oltre a un certo qual disincanto e a una certa voglia di smitizzare l’aura misterico-iniziatica che avvolge certe ritualità della degustazione – la passione, il piacere, e il desiderio di rendere partecipe il lettore di questa passione e piacere. Desiderio realizzato, mi sembra. Come è nata questa tua passione?
Durante un fine settimana con amici, inseguendo un vino quasi sconosciuto (il Verduno Pelaverga). Mirko, uno del gruppo, sosteneva che fosse un grande vino, imperdibile. Ci ha fatto una testa così con questo Verduno. Un giorno in cui eravamo abbastanza “pieni” di birra, abbiamo fatto una specie di scommessa e gli abbiamo dato carta bianca per esibirsi come talent scout enologico. Siamo tornati a casa col baule pieno di bottiglie di Verduno.
Poi, col tempo, ho scoperto che se ti atteggi a esperto di vini, le persone non ti guardano più come un povero alcolizzato, ma diventi un soggetto molto interessante. Quindi mi è esplosa la passione. Irrefrenabile.
• Il vino è protagonista assoluto (va beh, insieme a te…) del libro, mentre il cibo mi sembra un po’ in second’ordine; il vino viene soprattutto assaggiato, degustato. E a tavola?
Del cibo, e del mio rapporto (meravigliosissimo) con esso, ho parlato nel mio secondo libro. Ma devo ancora pubblicarlo.
• Ti è mai capitato di costruire un pranzo, o una portata, attorno a un vino?
Mi capita di peggio: quando torno a casa dall’Ospedale, prima penso a cosa mi vorrei stappare, poi a cosa vorrei mangiare insieme al vino che mi porterò su dalla cantina. Dici che è grave?
• In cucina, nella ristorazione, ci imbattiamo periodicamente in novità, di maggiore o minore portata – dall’ingrediente di moda (la rucola, i fiori…) alla cucina molecolare. Secondo te, ci si può aspettare qualcosa di “nuovo” dal mondo del vino? O le novità sono essenzialmente le mode? Che so – negli anni Ottanta si beveva il Lancers, poi è stato il momento del Bellini, a un certo punto si è iniziato a commercializzare il vino novello, il vino col fondo…
Secondo me le novità sono sempre dietro l’angolo, e penso siano solo un bene. Altrimenti sai che noia? Poi è ovvio che si creino le mode. Ma una persona che abbia un cervello degno di questo nome, beve, mangia e fa ciò che le piace, non ciò che le hanno detto che è figo.
• Leggendo il libro, si scoprono i tuoi vini del cuore, le tue simpatie e antipatie, le tue passioni.
Adesso come adesso, il mio tipo di vino preferito è un Metodo Classico. Fino a poco tempo fa preferivo i grandi vini a base Nebbiolo. Tra un paio d’anni penso ritornerò alla Cedrata Tassoni, che rimane comunque una sicurezza.
Ma questi sono cambiamenti semplici. La vera rivoluzione l’ho fatta quando sono passato dagli slip ai boxer. Mi rendo conto che può sembrare una stupidata, ma per me è stato un periodo non semplice. I cambiamenti sono sempre uno stress.
• La tua specialità sono i consigli, mi sembra di capire, in primo luogo ai tuoi colleghi d’ospedale, ma poi anche a parenti e amici, e con il tuo libro anche a noi, in ultima istanza. Ma forse il tuo consiglio migliore è semplicemente: bevete quello che vi piace, basta che siate consapevoli di cosa state bevendo, e perché si presenta così nel vostro bicchiere.
In realtà io credo che un consiglio vada vissuto come il desiderio di una persona di farti provare un’esperienza che per lui è stata piacevole. Poi ognuno fa di testa sua, ed è giusto così.
Il giorno in cui ci sarà qualcuno che, in un campo così fortemente influenzato dal gusto personale, si trovi a scegliere sempre in modo perfetto, io spero di essere già al Camposanto. E da un pezzo.
Emanuele Bonati
Le foto sono state scattate dal nostro fotografo Bruno Cordioli alla presentazione del libro a Taste of Milano, settembre 2011
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Il vino e’ come la magia; deve stupirti,emozionarti e darti allegria. Un calice lo guardi,lo annusi e ti
stupisci, lo assaggi con gli occhi socchiusi, e ti emozioni, li riapri e ……..sorridi. E, senza proferir
verbo, ringrazi il Signore di essere vivo. Bravo Ale complimenti. Ti voglio bene. -
“Il vino è poesia in bottiglia”
ROBERT LOUIS STEVENSON
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Ciao Ale, ho letto il tuo libro tutto d’un fiato…come quando bevo il mio vino preferito. Senza seghe mentali… solo per puro godimento!!! Beh il tuo libro è come il mio vino preferito: fantastico!! SEI UN GRANDE. Edo
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