Ricetta per fare un cuoco di successo
Quali sono gli ingredienti fondamentali di uno chef per avere successo oggi? Questa domanda l’ho trovata su Dissapore, e ho risposto: riporto qui, leggermente rimaneggiata, la mia risposta, sia per vanagloria, sia perché ci ho vinto una delle tre copie in palio del libro di Raethia Corsini, Spiriti bollenti, pubblicato da Guido Tommasi Editore.
1. Procurarsi una filosofia, che contenga (in dosi variabili): un kilometraggio ridotto, tra zero e dieci; qualcosa di slow, qualcosa di food, qualcosa di eco-bio, qualcosa di chimico-ma-etico; qualcosa molto ma molto di nicchia (l’unico – nel senso di solo – fagiolo zolfino di Courmayeur, la papaya selvatica di Carugate, il branzino lanoso del lago di Tovel)
2. Dimostrare un legame più o meno profondo con l’arte degli ultimi 25 secoli, ma soprattutto delle avanguardie storiche o perlomeno delle post-avanguardie, da riproporre nei propri piatti; sconsigliato il ricorso all’arte povera, che fa tanto cheap.
3. Controllo manipolatorio degli ingredienti e degli attrezzi: il bravo cuoco di successo deve sapere sifonare la lattuga, emulsionare i cardi, impastare i girelli, esfoliare le acciughe, postergare i cosciotti, sublimare le coratelle, cotonare le aragoste, sfilettare gli aironi, inalare montoni, sinterizzare pepe di cayenna, vaporizzare il ragù, caramellare le fave di fuca, brasare la papaya, intarsiare le croste di grana: sono tutti dei must per la cucina del cuoco di successo oggi.
4. Inventare, o autoattribuirsi l’invenzione di, una moda – che so, la frutta bollita servita prima del pesce –, un piatto – il panettone ripieno di aringhe, le meringhe in salamoia –, o meglio di un ingrediente da far diventare di una popolarità nauseante: che so, erbe e fiori di campo nella cassoeula, nei pizzocccheri, nella bouillabasse; gusci di noce spezzettati nelle vellutate, nei budini, nei knodeln…
5. Corsi di dizione, recitazione, trucco e parrucco, mimica e gestualità, belle maniere, savoir faire, galateo; stage allo Iulm, seminari di telegenia, piacionerismo, affettazione, comunicazione tout court, con master in “Storia delle cucine in Tv dagli eroici Soldati alle parodie di Parodi”, “Cucinare e impedire alle presentatrici paffute di mangiarsi la preparazione prima che sia cotta”, “Piacioneria applicata”, “Come fare della mezzaluna il vostro alter-ego”. Se possibile, presentarsi frequentemente in tv senza trascurare trasmissioni come Lo Zucchino d’Oro, Portata a Portata, Linea Tè Verde, Pianeta Fritto di Mare, Mangia con me, C’è pasta per te, Grande Frittello, I Migliori Pani della Nostra Vita, …
6. Proporre menu in cui le descrizioni dei piatti, lunghe almeno sedici righe, siano scritte da Cruscanti dislessici, mentre le carte dei vini devono essere estremamente dettagliate, con riferimenti incrociati ai nonni del vitigno e del vignaiolo, e con attenzione al rapporto qualità prezzo (e riportare i prezzi alla bottiglia, ma anche al bicchiere, al bicchierino, al ditale).
7. Un ingrediente fondamentale è un amico foodblogger, a cui offrire pranzi e cene, che scriva disinteressatamente dello chef, esaltandone le doti vuoi fisiche vuoi morali vuoi culinarie, che non sia più giovanissimo (per ispirare più fiducia), che non sia magrissimo (per far vedere che si tratta di persona affidabile in quanto abituata a mangiare bene e tanto), e che abbia un blog che finisca in -Vs e un nome che finisca in -manuele.
Emanuele Bonati
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