Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

BLOGVS | November 25, 2024

Scroll to top

Top

One Comment

Pane e coperto: Chilometro(quasi)zero

Pane e coperto: Chilometro(quasi)zero
Albert

Mi piace l’idea del chilometro zero.  Mi ricorda le macchine immatricolate ma praticamente nuove, un espediente dei concessionari di automobili per fare di una macchina una specie di vergine-madre con lo sconto. Non ha viaggiato (chilometro zero) ma non è proprio vergine (è stata immatricolata), ed è quasi senza peccato, immacolata.

Negli States il chilometro zero diventa facilmente 100 miglia (160 chilometri).  Invece qui nella vecchia Europa dalle proporzioni meno ciclopiche, il chilometro zero vuol proprio dire (o quasi) “dietro casa” e l’acronimo adatto sarebbe IMBY, il contrario di NIMBY (per quelli che sanno le lingue e le espressioni à la page).

Il basilico sul balcone – come i gerani e le formiche – esiste da quando esistono i balconi. Il pomodoro dell’orto – se pur di origine centroamericana – è un archetipo di ogni casa di campagna e così l’insalata e il prezzemolo. Le uova e le galline della cascina mi riportano alla gita della domenica in campagna e a un detto irripetibile dedicato alle ragazze dal culo basso.

Certo bisogna per quanto possibile evitare il trasporto inutile che consuma energia e risorse e anche qualità, sapore, freschezza. La frutta sul camion e poi nei capannoni a maturare. L’insalata stantìa. Le carote mollicce. Le fragole mosce. Il sedano flaccido. Che schifo. E anche, come si sa, quello che appare esteticamente irreprensibile spesso ha il sapore del niente se va bene.

Quando si dice “frutta fresca”, “verdura fresca” c’è già tutto. Mica vuol dire “del frigorifero”. Fresca vuol dire – ma chi ci pensa ? – che non è calda, che è “nuova”. Fresco è sinonimo di “appena colto, munto, pescato, cacciato, tagliato, sfornato, ecc.”. Appena fatto. O anche in prigione dove, anche a 45°, si sta “al fresco”.

E non è calda perché (persino sotto il sole cocente) è viva (e in questo caso “vegeta”). Appena si “coglie” e si stacca il cordone ombelicale con la madre terra, comincia a scaldarsi, a deperire, a marcire dopo un po’. Toccate una foglia o un frutto attaccato al suo ramo sotto il sole. E’ fresca. Come il pesce appena pescato. Vale anche per i fiori “freschi”, appena recisi. Per il pane fresco (anche quando è ancora caldo). Per il latte “fresco” appena munto. Per le uova fresche appena depositate.

Nei casi più elaborati, dove l’uomo ci ha messo del suo (allevamento per esempio, dalle api ai maiali), il discorso del chilometro zero va un po’ a farsi benedire. Passi per i formaggi (freschi) ma per quasi tutto il resto il chilometro zero è solo una bella “narrazione”, come si dice adesso di qualunque storia, che funziona molto bene, affabula e fa vendere ma non ha molto senso. Il culatello di Zibello, la coppa di Pianello, i prosciutti di ogni dove. Adesso va molto quello spagnolo ma tra un po’ tornerà il “Praga” o il dalmata. Il salame di mille località, di qui e di là del Po. E la carne di scottona, di chianina, bavarese o quella argentina o dello Zimbabwe.

Il vino. Ma che goduria confrontare bottiglie a chilometro 10mila e oltre. Per i capperi di Pantelleria dovremmo andare a Pantelleria? E per il granoturco in Turchia. E per il riso basmati alle pendici dell’Himalaya? E per un bicchiere di champagne dovremmo incamminarci tutte le volte fino a Reims? E per un porto a Porto. E per le olive taggiasche ad Arma di Taggia? E per il salmone in Norvegia, Scozia o Canada? E vale anche per il caffè o per il tè. E poi tutti a  Mazara del Vallo per i gamberi, che poi magari arrivano dal Mozambico.

Per le ostriche francesi, come per altro per la pizza napoletana, la suggestione conta più di qualunque evidenza e il chilometro quasi-zero (la pizza fino a Salerno, le ostriche ovviamente a Parigi) ha un suo perché ancorché immateriale. Discutibile ma sostenibile (nel senso che si può argomentare). Ma non l’hamburger ad Amburgo. O le americanissime French fries in Francia.

Albert

 

Comments

  1. La suggestione è regina, alla fine. E i sensi ci credono.

Submit a Comment